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anno 2002




PORTE   




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porte senza promessa di destinazione.
nell´apertura. il contatto

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nel refluo di un´enorme attesa. il meccanismo
e lo spioncino che odora di vita

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mentre si celebra una distanza
ottusa. una rapida intrusione. una giravolta

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il legno immortale ne rispecchia
solitudini e attese. in amaro ricanto

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così il tocco inatteso di una maniglia.
precipita. si propone per altro

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nel canto dello stipite che s´accende
all´ignoto. nel suo molle accordo

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ruba consensi alle aperture. non si dilunga
in ombre. non si dilegua

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così la crepa nel legno che riluce.
il caldo giardino oltre il cancello

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si fa arrendevole alle forme. nel buio
di sensuali esperimenti

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una soglia che è un abbraccio. una terra
senza nome. senza destinazione

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in lontananza. nel fuori¬porta.
come una lingua che si agita in bocca

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mentre il cardine pretende una resa.
sfumano concave impressioni di legno.

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nel cigolio. nel ruotarsi del pomello.
rimane un desiderio infisso

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saluta il vento che al battente si stringe
e srotola i capelli sul legno

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quello spiffero a lungo sognato. le pareti
molli. le sinapsi riaccese

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uno sguardo attraverso il vetro. mente
che esclude. altro includendo

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così si deforma il varco. la scelta
materia di un frammezzo

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si riflette e filtra in aperture astratte. lì
il bosco delle nuvole. lì il giardino

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in portoni serrature e rampicanti.
nel peso assurdo delle sue sconnessioni

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s´apre anche il terreno in assoli. se lo vuoi
puoi sbarrare e dentro chiavarti

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è la porta in faccia che ti sbatte. tu
rimani in ascolto. tu indenne

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tieni d´occhio il portale. scivoli dentro.
dove sprofonda la parete

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nel rapido guizzo del varco.
mentre scopri un girevole ingresso

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luce sfondata di illusioni. porte
e parabole sognano un tracciato

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conduce all´interno. in fluorescenze
il ramo della betulla. precipita in altro

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così rivolti all´esterno. il rovere il legno.
il nodo e la risibile maniglia

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conglomera al valico dei nostri indugi.
poi spalanca visioni inattese

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filtra la luce che non bussa. nessuna
vedetta staziona all´entrata

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lo spioncino morbido ci deforma. è la voce
che in ombre c´introduce

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se proprio deve esserci un passaggio.
scardiniamo le porte. queste ottuse

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scorrono le forme al passaggio. le nuvole
in appoggio sui rami dell´olmo

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il varco attraverso il muro
dell´acqua. il suo mutarsi in rampicante

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è lo spazio solido della trasparenza.
il succedersi sessuale delle forme

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oltre la corrente. la visione
che fende l´oscuro. è una soglia che spalanca

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rovescia e srotola. s´apre un viso
in imprevisto lucore. il fuori¬dentro

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l´argento degli occhi si riversa
dentro. così mille sfaccettature d’inferno

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rapida giuntura che prevale. rotante rombo
di legno. la nostra condizione

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un invito al cambiamento. difforme.
un ricambio. un mutamento di forme.

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un rapido susseguirsi di maniglie. dove
ancora il cielo prevale. si perde

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una porta. molteplici finestre.
il fuori¬dentro della nostra ossessione

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un dentro. e un fuori ostinato.
quel nudo batocchio. quel legno di pioppo

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è uno sgusciare in estremo radente. lì
sotto. dove la luce non filtra

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questo è l´uscio. un polmone di vetro.
alimento d´inesplose sorgenti

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nuovo sbattere di porte. nel ricordo
del tempo. senza mete. senza orrori

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di qua si va per la mimesi. nel bosco¬
labirinto degli archi. tra le foglie e i rami

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mimesi imperfetta di un muro. il rapido
taglio della corrispondenza

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disposta di sbacio la fessura. si allunga
la portata. l´enigma della toppa

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declino d´ombre. intreccio e chiavistello.
empatia di gatto con zerbino.

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nel quadro di vetro un altro volto. la droga
dolce del dubbio che appanna

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servono linee d´incontro e architravi
al lavorio sotterraneo delle passioni

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progetti porte. come varchi e passaggi.
per un ultimo profilo di primavera

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chi mai e perchè. attraverso
tanta luce. tanto insalubre silenzio

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con l´anima blindata. col chiavaccio.
l´immobile voce della tua distanza

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con laccesso in duplice mandata. nessuno
che si nega al lucernario

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nell´iride impossibile di una fuga. eccolo
ancora. il timpano a sorpresa

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nella bocca della casa. il dio del principio
solleva l´aratro. vuoti di un perimetro

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nel dettaglio di una maniglia. un´ombra
che attende. prude un´esplorazione

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l´uso e il consumo che incendia
l´architrave. ancora talmente importante

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canta la feritoia. l´obliquo di una doppia
maniglia s´arrende al passaggio

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lo annuncia con simboli e fregi. l’ingoio
di una casa è discontinuo

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sotto una corona di pietre. la bocca
putrescente è ridipinta

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tre scalini all´accesso. tre lastroni
che deportano una vita

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l´arco il ricamo l´acceso lucernario.
portavoce incompreso. una testa di moro.

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l´ottone inatteso conforta
la mano che stringe. la mano che spinge

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il muro intorno se la gode e ride. così
la fessura che sputa il rampicante

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così azzurra e viola al tramonto. la porta
sprangata del sublime

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ma il numero non rende mai giustizia.
indecifrabile portafortuna

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le maniglie raramente alla stessa
altezza. strabismo che perseguita la soglia

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con la forma che varia un´immagine
interna. ogni nostra proiezione

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dopo il filtro si presenta il labirinto. il rosso
e l´azzurro della nostra incomprensione

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non raggiungeremo che una porta.
un principio. un confine equivalente

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progetto mutevole di porte. la loro
inseparabile distanza. il loro vento

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percezione della porta. scivolamento
oblungo e margine di dirupo

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porta della percezione. assalto
e rapide di bagliori. una fissa equazione

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nodo groviglio apparizione. l´alto
portale mentre svortica un´immagine

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si ripete l´enigma della porta. il buco
della vita trasfigura la serratura

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l´incongruenza s´infila stridendo di sotto.
basta un nonnulla. un sassolino

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s´arrendono i perni al legno depresso.
echeggiano muffe e scettiche schegge

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cade in blocco la maniglia. con il corpo
tutto che pende. che cede allo spazio

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scatta la toppa allo slargo. la soglia
si spalanca all´altro. dotato di senso

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porta che apre e si richiude. alla morte
e alla vita. entrata-uscita

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il concetto è questo breve risucchio.
le serrature sempre a scatto