"L´arte e il principio femminile" introduzione ad opera di STEFANO GUGLIELMIN
L´etimologia ci offre un interessante spunto per avvicinare le opere esposte :
se infatti femmina è colei che genera e allatta ,la fonte cava dalla quale la
vita proviene e s´alimenta, la tradizione provenzale , rinviando alla valenza impositiva del volere,
ci ricorda che donna deriva dal latino "domina", alludendo al suo essere "signora", ossia sovrana
dello spazio cortese. In questo senso,in ogni femmina del creato , da cui pur germoglia il vero,
c´è una voce padrona che ne tiene a bada l´esuberanza, piegandolo all´utile.
Così coniugato, il vero s´incarna nell´agire pratico, quello stesso agire
che nell´uomo ha bisogno del concetto per realizzarsi. Se la donna dunque crea con il ventre e con la voce,
l´uomo progetta con la testa e da essa partorisce, come Zeus.
Il maschile e il femminile sono insomma due figure originarie che ,invero , non si danno mai nella purezza
del principio, mescolandosi invece negli esseri umani in differenti gradi; negli artisti, tuttavia, tende a
prevalere il secondo termine, quasi che l´arte sia più figlia d´una istintiva forza naturale, che di una
forma astratta e preliminare . Forza che diventa, nella concretezza dell´opera,spazio concavo, valle, culla, giardino, grembo - ventre, appunto - luogo dove il
pensiero nasce per proliferazione, come le cellule embrionali, secondo una logica tutta inscritta nel
processo generativo. Nelle autrici che qui si presentano, tale aspetto è particolarmente manifesto:
in Antonia Bortoloso, per esempio, le cui spunto fanciulle in fiore paiono custodite nel candido scrigno del foglio bianco;
in Renata Carollo, che ci offre scorci di giardini fioriti, in cui riposare gli occhi e rigenerare lo spirito;
in Luisa Meneguzzo, che sceglie di rappresentare la pienezza materna dell´attimo, allorché questi genera il senso dell´esistere;
in Nuccia Baragiotta , il cui paesaggio si fa grembo ospitale, dal quale attendersi lo sbocciare di ogni bene;
e in Daniela Baroni, infine, la quale affida agli oggetti stessi la funzione il protettiva: vasi, guanti, libri, sono
correlativi oggettivi del ventre, che anticipano l´apparizione della dea madre, emblema massimo della fecondità, collocato qui,
però, nello spazio neutro di uno scaffale domestico e quindi depotenziato,umiliato alla funzione di soprammobile.
Una chiara posizione polemica, questa, non soltanto con il maschilismo di ritorno dei nostri giorni,
ma con la stessa civiltà dei consumi, estrema forma
di paganesimo.
Stefano Guglielmin
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