Letture 2009

Non leggete i libri , fateveli raccontare

 
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Ci sono due modi di leggere questo libro: considerarlo un vero e proprio manuale ad uso di chi voglia aggirarsi nel mondo della cultura e almeno salvaguardare la sua sicurezza personale, oppure leggerlo godendosi la prosa rotonda di Luciano Bianciardi, la sua cultura, il suo sarcasmo, la sua irriverenza, la sua tristezza travestita da ironia.

Apparve nel 1967 in sei puntate su "ABC", il settimanale in bianco e nero che molti ancora ricordano, non senza un po´ di tenerezza, come un giornale fiancheggiatore di tante campagne civili, e che ospitava grandi scrittori italiani, su temi di attualità, regolarmente disattesi, allora come oggi, dalle testate maggiori.

Luciano Bianciardi (Grosseto 1922-Milano 1971) rappresenta una delle figure fondamentali della cultura italiana degli anni ´50 e ´60. Dopo un´attività di insegnante e bibliotecario nella sua città, unita a una fervida promozione della cultura popolare (bibliobus, cineforum), nel 1954 si trasferisce a Milano dove inizia a lavorare alla Feltrinelli, con l´intenzione di compiere lì, nella capitale economica italiana, quella «rivoluzione culturale abortita in provincia». Insofferente della disciplina aziendale e desideroso di rompere gli schemi culturali del tempo, viene però licenziato e inizia una vita di stenti, sostentandosi con oltre cento traduzioni dall´inglese (H. Miller, J. Steinbeck, W. Faulkner). Dopo alcuni romanzi giovanili (Il lavoro culturale, 1957, L´integrazione, 1960) nel 1962 esce il suo libro più famoso: La vita agra; la sua situazione economica tenderebbe a diventare florida se accettasse un qualche compromesso con la società e la cultura del tempo. Così non è. Si chiude sempre più in sé stesso, imboccando anche la via dell´alcool, che lo condurrà a morte prematura nel 1971. Più passa il tempo, più viene riscoperto e apprezzato dalla critica e dai lettori, come anticipatore lucido e inesorabile dei mali e del declino della società occidentale, e come ispiratore di nuove battaglie e resistenza culturale.

JAlbum 7.3