Da CAMPO CROCE
El
peregrino
Esta mañana
fui
a despojarme al río Brenta.
Coloqué
cenizas en mis brazos,
me
senté en los bordes de las piedras,
recogí
peonias,
temores,
tormentas.
Recé
para aclarar mis penas.
En
mis manos crecían
valles
de nardos siivestres,
el
atardecer en las estacas de San Pedro.
Al
fondo escuché
la
voz débil de un anciano.
Caminaba
con un poco de frío en los pies
en
compañía de la muerte.
Veía
su casa, el jardín,
se
despedía de sus padres todo el tiempo.
El
peregrino se sumergió en el río
para
contar los peces, la tenue luz,
las
plegarias de sus latidos al evaporarse.
Al
poco tiempo
el
aire se hizo estrecho.
Il
pellegrino
Questa
mattina
sono
andata a purificarmi nel fiume Brenta.
Ho
sparso cenere nelle mie braccia
mi
sono seduta sul bordo delle pietre
raccolsi peonie,
timori,
tempeste.
Ho
pregato per dissipare le mie sofferenze.
Nelle
mie mani crescevano
valli
di nardi silvestri,
il
tramonto negl’intagli di San Pietro.
In
lontananza ascoltavo
la
voce debole di un anziano.
Camminava
con un po’ di freddo ai piedi,
in
compagnia della morte.
Vedeva
la sua casa, il giardino,
si
congedava dai suoi genitori per tutto il tempo.
Il
pellegrino s’immerse nel fiume
per
contare i pesci, la tenue luce,
le
preghiere dei suoi battiti all’evaporarsi.
In
poco tempo
l’aria
si fece stretta.
Santa
María del Lirio
Cubro
mi frente
con
un pañuelo de seda blanco.
El
óleo agrieta el lienzo,
el
altar de mármol caliente por la cera.
La
levedad de la cúpula en el cielo
dibuja
la línea curva e infinita de Dios.
Al
regreso, el viento helado
aprisiona
las ánimas que reposan
en
las lápidas
Ofrecemos
un puñado de azufre
y
nos vamos en silencio.
Santa
Maria del Giglio
Copro
la mia fronte
con
un fazzoletto di seta bianca.
L’olio
screpola la tela,
l’altare
di marmo caldo di cera.
La
leggerezza della cupola nel cielo
disegna
la linea curva e infinita di Dio.
Al
ritorno, il vento gelido
imprigiona
le anime che riposano
sotto
le lapidi.
Offriamo
un pugno di zolfo
e
ce ne andiamo in silenzio.
Plaza
de Santa Cruz
No
hay lugar
donde
penetren mis espejismos.
No
hay más puentes grises que cruzar,
solo
el aliento de tu sombra me inclina.
Ya
no hay más huesos
que
me separen la cabeza de la columna,
ni
fuerzas que me hagan perder el equilibrio.
No
hay tropiezos en el cuarto oscuro
o
en los túneles que atraviesa el tren.
¿Habrá
semillas de girasol
que
se rindan en una acuarela?
Es
un viaje,
un
largo recorrido en Toscana,
tierra
de graneros,
de
alguien que pinta una iglesia antigua
y
vaga anónima
por
la áspera ciudad.
Piazza
di Santa Croce
Non
c'è luogo
dove
penetrano i miei miraggi.
Non
ci sono più ponti grigi da attraversare,
solo il
respiro della tua ombra mi fa piegare.
Ora
non ci sono più ossa
che
mi separano la testa dalla schiena,
nè
forze che mi facciano perdere l’equilibrio.
Non
ci sono più ostacoli nella stanza oscura
o
nei tunnel che attraversa il treno.
Ci
saranno semi di girasole
che
si arrendono in un acquarello?
E'
un viaggio,
un
lungo percorso in Toscana,
terra
di granai,
di
qualcuno che dipinge una chiesa antica
e
vaga anonima
per
l' aspra città.
DA GIORNO DI SAN GIUSEPPE Giorno
di San Giuseppe (Día De San José. Ed.
Eclepsidra,Caracas, 1999)
Traduzione
Lucia Malfermoni
I fantasmi
pronunciano il mio nome
Aprono e chiudono
le porte delle stanze
sibilano le loro pene in
corridoio
In ginocchio
supplico Dio
per un istante di
silenzio
Abbasso la testa
con un po' di stanchezza
In mezzo alla notte
scopro
la fine della distanza
il passare dei giorni
I fantasmi fumano nella
mia stanza
Annunciano il commiato
.........................................................
La nostra infanzia
anima mia
come il
profumo
di una
provincia nuda
Ana
Enriqueta Teran
Ferma
nella casa della mia
infanzia
vedo fantasmi, fiori e
spiriti
Osservo un bosco immenso
Una farfalla
il cielo
Dio
Vedo
strade polverose
rovine negli incroci
mio padre che ci lascia
Al mattino
c'è una mano
Ho un gran peso
nei piedi
Apro gli occhi
contemplo
i giorni
dell'infanzia
son
finiti
.........................................................
Le lenzuola di mio padre
non si potranno usare
Quando si alzava la
marea
lui cassava le vele
Su la randa
Giù la randa
Non si fermava mai
Ma una notte si fermò
cinque volte
La prima
in cucina
la seconda
vicino alla finestra
la terza
accese la luce
la quarta
con il petto aperto
si guardò allo
specchio
L'ultima volta
naufragò nella
penuria
Erika
Reginato (Caracas)
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