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Venerdì
20 Marzo 2009
ore
20:30
ANNA
CECILIA BEAUPAIN GIARETTA
Ma
è proprio vero che la vita è bella?
«Ma
è proprio vero che la vita è bella?». Se lo
domanda la scrittrice thienese Anna Cecilia Beaupain Giaretta. E
nella sua ultima fatica letteraria, in questi giorni in libreria,
prepara il terreno per far sì che ogni lettore possa
trovare la propria risposta. A dieci anni di distanza dalla sua
prima pubblicazione “Per favore non badate alla sintassi”,
diario della giovinezza, fatto di aneddoti, dolori, giorie e amori
nella società thienese del secondo dopoguerra, Anna Cecilia
Beaupain Giaretta torna a raccontarsi. «Dopo tanto tempo ho
ripreso la penna in mano, anche a fatica per il tremore che mi dà
emozione, ma spinta da una voce quasi imperiosa; da un turbinio di
pensieri e sensazioni, che non mi danno tregua neppure la notte,
così succede quando mi capita addosso la smania di
scrivere», si legge nelle prime pagine dell’opera.
Ancora una volta l’autrice utilizza «quell’arma
terribile che può essere la penna» per proporre una
nuova raccolta di pensieri intimistici, che mette a nudo le sue
idee sui più svariati argomenti, i suoi desideri, i suoi
sogni. «Una giornalista sempre sorridente ha scritto ch’io
sono una scrittrice scandalosa ed io, di rimando, le dico: anche
coraggiosa. Perché scrivere di se stessi senza pudori e dei
nostri amori è segno di larghezza intellettuale»,
scrive la Beaupain. «Scrivo per sentirmi ancora viva -
conclude l’autrice thienese -. E ancora una volta ho deciso
di affidare i miei brevi pensieri e le mie osservazioni alla
generosità dei lettori. Il tutto scritto con semplicità
e linearità, senza fronzoli».
Silvia
Dal Maso, “Il giornale di Vicenza”, 21 novembre 2008
Anna
Cecilia Beaupain Giaretta, nata a Thiene 1114 agosto 1920, è
vissuta per molto tempo a Milano. Ritornata a Thiene, neI 1998
pubblica il suo primo libro dal titolo “Vi prego: non badate
alla sintassi”, cui fanno seguito l’opera seconda
“Autoritratto”, edita nel 2001, “...Punto e...
basta” del 2004, Tramonto, pubblicato nel 2006 e ora
l’ultima fatica letteraria, Ma è proprio vero che la
vita è bella?.
Venerdì
27 marzo 2009, ore 20,30 Storia locale
PAOLO
SAVEGNAGO
L’ombra
della Todt sulla provincia di Vicenza
Novembre
1943 — Aprile 1945v
Appunti
e primi risultati della ricerca
Un
argomento - quello della manovalanza “sotto la Todt”
durante l’occupazione tedesca - inedito per la storiografia
vicentina e scarsamente esplorato, nonché controverso,
anche a livello nazionale. Come recita il sottotitolo - Novembre
1943 - Aprile 1945. Appunti e primi risultati della ricerca - si
tratta dell’approccio iniziale ad un’indagine
estremamente vasta e complessa, aperta alla partecipazione di
altri storici ma soprattutto al contributo di ex operai e
testimoni. La Todt
-
organizzazione militarizzata creata per lo sfruttamento
pianificato delle risorse umane e materiali nei paesi occupati -
insinuò il suo complesso apparato anche nel tessuto sociale
ed economico nella provincia di Vicenza, organizzando il
reclutamento di migliaia di uomini e donne che vennero impiegati
nella realizzazione delle fortificazioni della Linea Blu e del
Vallo Veneto. Sotto la coltre uniformante del lavoro coatto emerge
peraltro un’esperienza collettiva per nulla corale: la
quotidiana lotta per la sopravvivenza, gli espedienti per
ingannare il sorvegliante, l’incertezza per il futuro, lo
spettro della deportazione in Germania. Una manodopera presa tra
due fuochi: da una parte le pressioni dei reclutatori e dall’altra
le minacce dei partigiani che la accusavano di collaborazionismo
(ma nell’inverno 1944-45 anche molti fra questi ultimi vi
trovarono “rifugio”), I lavoratori coatti vicentini
furono impiegati indifferentemente in pianura, sotto Vicenza, come
in montagna - in VaI Leogra, sull’altopiano di Asiago e
nella zona del Grappa - nella costruzione di opere difensive e
sbarramenti di ogni genere. Interessanti l’analisi del
multiforme coinvolgimento dell’imprenditoria locale e la
descrizione dei cantieri e delle tipologie costruttive fatta
dall’autore, grazie anche a documentazione e disegni inediti
provenenti dagli archivi tedeschi, ma anche le immagini attuali di
ciò che resta di quell’imponente lavoro, poi
utilizzato dalle formazioni tedesche in ritirata nell’aprile
del 1945.
Luca
Valente, “Il giornale di Vicenza”, 6 agosto 2008
Paolo
Savegnago (Valdagno, 1967), diplomato presso l’Accademia di
Belle Arti di Venezia, lavora
come
grafico e designer. Da alcuni anni si occupa di aspetti poco noti
della Seconda Guerra Mondiale. Nel 2005 ha pubblicato, con Luca
Valente, il suo primo libro dal titolo “Il mistero della
Missione giapponese.Valli del Pasubio, giugno 1944: la soluzione
di uno degli episodi più enigmatici della guerra nell'
Italia occupata dai Tedeschi”
Venerdì
3 aprile 2009, ore 20,30 - Storia locale
GIOVANNI
RATTINI
C’era
una volta 11 Trenino dell’Altopiano... Viaggi, storie e
ricordi lungo la ferrovia
Il
Trenino dell’Altopiano che collegava Piovene Rocchette con
Asiago il 30 luglio 1958 partì per il suo ultimo viaggio.
Di li a poco i convogli e la linea ferroviaria, che era stata
inaugurata il 10 febbraio 1910, vennero gradatamente ma
inesorabilmente smantellati e distrutti. Dopo quasi cinquant’anni
di onorato servizio, la tanto amata “Vaca mora” si
volatilizzava definitivamente in una gigantesca nuvola di polvere
e fumo.
È
rimasta però nel cuore e negli occhi di molti, di quanti
hanno avuto occasione di viaggiare o solo di osservarla transitare
sbuffando faticosamente lungo i pendii.
Lo
testimoniano le storie e i ricordi raccolti da Giovanni Rattini
nel libro “C’era una volta il Trenino
dell’Altopiano... Viaggi, storie e ricordi lungo la
ferrovia.” Storie di viaggi vissuti al rallentatore, ricordi
di un mondo superato e dimenticato troppo in fretta, documenti di
viaggio da mettere nel nostro bagaglio, con i quali imparare ad
alzare il pedale dall’acceleratore della vita. Storie e
ricordi nati lungo la ferrovia, che ora potranno riprendere il
viaggio, grazie al passaparola e alla fantasia di nuovi
viaggiatori.
Giovanni
Rattini è nato a Padova dove vive e lavora. Laureato in
Scienze Politiche, collabora con il quindicinale «L’Altopiano
di Asiago» e cura l’Ufficio Stampa del Festival del
Cinema Italiano Opere Prime di Gallio.
giovedì
9 aprile 2009, ore 20,30 - Narrativa
UMBERTO
MATINO
La
valle dell’orco
“...un
“gotico rurale” di quelli che piacciono a me, e che
portano, pagina dopo pagina, in un affascinante viaggio verso una
verità oscura e tagliente come una scheggia di selce. Un
libro che, una volta chiuso e riposto nello scaffale, rimane
aperto dentro i pensieri”
Eraldo
Baldini
La
Valle dell’Orco è la Contrà Brunelli, una
contrada rovèrsa sperduta sulle montagne vicentine, senza
strade, senza negozi, senza radio nè televisione. Isolati
dai mezzi di comunicazione e dai paesi vicini, i suoi abitanti
sono anch’essi considerati rovèrsi, strani cioè,
scontrosi e restii a mescolarsi con i forestieri. Soprattutto se
questi mettono il naso là dove non dovrebbero.
Quando
Aldo Manfredini. medico in trasferta nella piccola comunità,
viene trovato impiccato a una trave, Carlo Zampieri,amico fraterno
di Aldo e suo erede universale, raggiunge contrà Brunelli
per conoscere il piccolo mondo che aveva spinto il suo amico a
lasciare tutto per cominciare una nuova vita, e il mondo che
scopre è fatto di paesaggi bellissimi, di pace, silenzio,
bicchieri di vino e leggende raccontate attorno al fuoco. Ma anche
di vecchie filastrocche cimbre sussurrate tra i boschi, di
indebite appropriazioni terriere, di morti troppo strane per
essere considerate accidentali. Grazie ad archivi polverosi, ad
antiche mappe e all’aiuto di un vecchio parroco, il
protagonista porterà alla luce la verità.
Attraverso
una narrazione serrata e coinvolgente, La valle dell’orco
cattura l’attenzione del lettore con una trama dai tratti
gotici giocata tra verità e immaginazione, dove gli
avvenimenti storici che hanno interessato il nostro Paese fin dal
medioevo sfumano nella fantasia. Una fantasia sempre troppo vicina
alla realtà, tanto da fare quasi paura.
Umberto
Matino è nato a Schio nel 1950. Laureato al Politecnico di
Milano, vive e lavora tra Padova e Venezia. E’dirigente di
una grande società di ingegneria. La Valle dell’orco
è il suo primo romanzo.
Giovedì
16 aprile 2009, ore 20,30 - Poesia
MARIALINDA
CICCHELERO
Ariruè
- Liriche in dialetto veneto
Una
bella “gajà” di poesia sulle ginocchia di una
donna vissuta nel mondo delle contrade alte.. .Con energico animo
femminile fa parlare quel mondo, restituendolo vero e visione allo
stesso tempo, eco di favola, stupore infinito, ritmo di festa...
La
prima cosa che mi ha colpito è stato il vedere con quale
intensità la Cicchelero vede, sente e rivive il mondo della
sua contrada, là sotto il Pasubio, dove è nata; con
quanta partecipazione ha visto e registrato i colori, i suoni, le
sensazioni di quel cosmo con tutta la sua cultura
antropologicamente intesa: religione, affetti, amicizie, arte,
ideali, modi di lavorare, di vivere. Mondo dell’Alta VaI
Leogra, comunità già studiata minutamente da uno
studioso di grande sapere classico e popolare, Terenzio Sartore.
Ora l’autrice ci restituisce, rivissuta fortemente, quella
civiltà che gli antropologi d’oggi qualificano , con
ragionevoli motivazioni, degna di questo nome. Per di più,
e prima di tutto, la Cicchelero fa parlare quel mondo con energico
animo femminile.
Giovanni
Azzolin, tratto dalla prefazione al libro
Marialinda
Cicchelero è nata a Valli del Pasubio, il paese
dell’infanzia, della giovinezza e ora della memoria. Autrice
del libro “Racconti selvatici”, ha ricevuto, per la
sua opera poetica, numerosi premi e riconoscimenti,anche
prestigiosi, nel Triveneto e oltre.
Giovedì
23 aprile 2009, ore 20,30 - Biografie
GIUSEPPE
CAFIERO
Vincent
Van Gogh
Un
libro come un itinerario abrasivo connotato dalla presenza di
donne, di luoghi e ossessioni quali paradigmi intorno cui si
svolse la struggente vita di Vincent Von Gogh. Non donne in carne
e ossa, ma donne-guida come Mrs Jones, donne-madri come Kee Vos,
Christine Hoornik detta Sien, Margot Bagemann, donne-ritratti come
Mme Augustine Roulin e Mme Ginoux. Poi i luoghi, tutti
infinitamente coinvolgenti: Isleworth, Amsterdam, Le Borange,
Arles, St. Remy, Auvers-sur-Oise, ove Vincent spese la propria
esistenza nei tentativo d’imprigionare colori, atmosfere,
luci.
Le
ossessioni quali malie sottili e tragiche che lo consumarono
inesorabilmente. L’ossessione per il segno e il colore,
l’ossessione della redenzione, l’ossessione per
amicizie mancate, l’ossessione per una religiosità
intima e tormentata, l’ossessione per un amore fraterno,
l’ossessione per il sole del Midi francese e, infine,
l’ossessione per la morte.
Una
vita affannosa e infaticabile, dunque, in una iterazione di atti e
gesti condotti per mano da una volontà determinata a
perdersi nel nulla allorché la follia, certamente amata e
desiderata come silenzio dall’angoscia, era divenuta
dolorosa compagna capace, alla fine, di acquietare nella morte.
Giuseppe
Cafiero vive nella campagna toscana fra Siena e Arezzo, a
Lucignano. Ha scritt o per Radio Capodistria e per la Radio della
Svizzera Italiana radiodrammi originali e adattamenti radio fonici
di opere teatrali. E’ traduttore dal francese e ha
pubblicato numerose opere letterarie. La sua biografia di Van Gogh
è stata pubblicata anche negli Stati Uniti, in India e in
Olanda.
Sabato
9 maggio 2009, ore 20,30- Narrativa
MARTINA
GALVAN
Agata
dei pesci
Martina
Galvan, 35 anni, di Zugliano ha realizzato il suo sogno di
scrittrice. È uscita in tutte le librerie d’italia la
sua opero prima “Agata dei pesci”, un romanzo fiabesco
per tutte le età, che ha la capacità di trascinare
il lettore in un turbinio di emozioni.
«Alla
fine dell’anno scorso ho deciso di partecipare, quasi per
gioco, ad un concorso nazionale per giovani scrittori indetto
dalla casa editrice “Il Filo” - racconta Martina
Galvan -. Non vi dico la soddisfazione quando a gennaio mi hanno
chiamata per comunicarmi che il mio libro era risultato il
vincitore. Questo romanzo, infatti, è nato anni fa insieme
alla mia prima nipotina e amo definirlo un inno alla vita e alla
tolleranza. Volevo lasciarle qualcosa, una traccia, un
suggerimento, un messaggio positivo. E così ho realizzato
una storia in cui non esistessero guerre e nemici da uccidere con
la spada, ma dove i veri protagonisti fossero la tenacia e la
grinta del vivere quotidiano”.
“Agata
dei pesci ”, è la storia di una bambina speciale che
cresce tra il mondo terreno e quello del mare. Nel corpo porta i
segni della sua vera natura, una natura leggendaria, magica e
misteriosa, tipica delle “sirene”. Agata-Alodea è
testimone delle tante stranezze e dei misteri della madre.
Toccherà a lei aprire quei segreti e scoprire il regno
posto nelle profondità del mare, dove gravitano le sue vere
origini e dove è già stato scritto il suo destino:
quello di regina indiscussa di “Mondo Sommerso”.
Silvia
Dal Maso, “Il giornale di Vicenza”, 13 luglio 2008
Martina
Galvan ha conseguito il diploma all’Accademia di Belle Arti
a Venezia e lavora come libera professionista nel campo del
restauro e della decorazione. Dipinge ed espone lavori a tecnica
mista. Agata dei pesci è il suo primo romanzo pubblicato,
nonostante l’autrice accompagni le proprie esposizione
d’arte con scritti e poesie.
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