UN
LIBRO IN RETE
LA
COTOGNA DI ISTANBUL
BALLATA
PER TRE UOMINI E UNA DONNA
Feltrinelli
editore
PAOLO
RUMIZ
autore
del libro
LUCA
ROMANO
filosofo
LUNEDI’27
SETTEMBRE 2010 ORE 20.30
Sala
Riunioni COOP VENETO sc
Via
Roma 21/a – Recoaro Terme (VI)
La
serata terminerà con un buffet offerto da COOP
VENETO
per
informazioni: info@guanxinet.it
tel. 0445 406758 fax 0445 408485
in
collaborazione con Libreria De Franceschi snc Valdagno (VI) tel 0445
41287
Nel
cuore di Sarajevo la passione diventa poesia
Paolo
Rumiz scommette sulla forza delle grandi storie e si affida al ritmo
del verso, della ballata. Ne esce un romanzo-canzone singolare,
fascinoso, avvolgente come una storia narrata intorno al fuoco.
Racconta di Max e Maša, e del loro amore. Maximilian von
Altenberg, ingegnere austriaco, viene mandato a Sarajevo per un
sopralluogo nell’inverno del ’97. Un amico gli presenta
la misteriosa Maša Dizdarevic´, “occhio tartaro e
femori lunghi”, austera e selvaggia, splendida e inaccessibile,
vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da lei. Scatta
qualcosa. Un’attrazione potente che però non ha il tempo
di concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di
ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici di cui parlava
La gialla cotogna di Istanbul, la canzone d’amore che Maša
gli ha cantato. Maša ora è malata, ma l’amore
finalmente si accende. Da lì in poi si leva un vento che muove
le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni. Da lì in poi
comincia un’avventura che porta Max nei luoghi magici di Maša,
in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.
Max
Altenberg ha raccontato infinite volte la sua straordinaria
vicenda d'amore con Maša. E nella folla di ascoltatori che in
lungo e in largo per l'Europa sono stati colpiti da quelle infiammate
parole, c'era anche lui, Paolo Rumiz. Il quale ha ripetutamente
chiesto ad Altenberg di mettere per iscritto una vicenda che vede
intrecciarsi secoli di storia burrascosa e la forza di un amore
disperato, inafferrabili visioni arcane e la realtà atroce
della guerra e della morte, paesaggi maestosi e intimità
domestiche.
Ma
non c'è stato verso: Max riteneva che la potenza della storia
fosse legata alla trasmissione orale; come accadeva in tempi lontani,
quando la voce prevaleva sulla parola scritta. E chi ascoltava non
era meno importante di chi narrava, sì che alla fine tutto si
trasformava in mito. E i confini tra vero e falso si confondevano tra
loro, mentre nell'animo di ciascuno rimaneva, prima ancora che il
significato letterale delle singole parole, un canto. Come è
giusto che sia in presenza di una vicenda che proprio da una
struggente canzone bosniaca prende il largo.
Una
volta morto Max, però, Rumiz decide che quell'eredità
non deve andare perduta. Si assumerà lui la parte del
trascrittore. Lui darà voce a quella trascinante cadenza
poetica, scegliendo per questo la forma di una ballata capace di far
filtrare dall'imbuto della storia anche l'odore più tenue, il
suono più leggero, la parola più remota.
Paolo
Rumiz, giornalista e scrittore, è stato inviato
speciale del “Piccolo” di Trieste e in seguito
editorialista de “La Repubblica”; segue dal 1986 gli
eventi dell’area balcanica. Durante la dissoluzione della
Jugoslavia segue in prima linea il conflitto prima in Croazia e
successivamente in Bosnia Erzegovina. Nel novembre 2001 è
stato inviato ad Islamabad e successivamente a Kabul, durante
l'attacco statunitense all'Afghanistan. Tra i suoi libri più
recenti si segnalano: “L’Italia in seconda classe”
(2009), “Annibale. Un viaggio” (2008), “La leggenda
dei monti naviganti” (2007), “E’ oriente”
(2005), “Gerusalemme perduta” (con Monika Bulaj, 2005),
“Tre uomini in bicicletta” (con Tullio F. Altan, 2002).
Da qualche anno compie un canonico viaggio, in estate e in pieno
agosto, che racconta giornalmente su “La Repubblica”.
Coordinerà la serata il filosofo Luca Romano.
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