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14

anno 2011




Euridice 
Voce che gela, voce che disgela  




commento di Sergio Zanone
alla lirica del poeta Silvia Comoglio




L' Olmo, la lirica iniziale dei Canti Onirici di Silvia Comoglio, si concluse esattamente nell' istante lirico carico di tensione che immediatamente precede l' irrigidirsi di una forma sonora, e che realizza nel verso del


cane / poténte a mezzanotte – di tutte le sue grida


la sua immagine più coerente e completa. L' ululato del cane nell' oscurità della notte , perfettamente coincidente con l' ora della mezzanotte e cioè con l' istante più critico del divenire cronologico ( l' istante che unisce i due giorni successivi e che rappresenta il fulcro del divenire), evoca l' immagine del lupo mannaro; ritroviamo il lupo, la belva, ad esempio, all' inizio del Primo libro della Repubblica di Platone , in quel famoso passo in cui Trasimaco si scaglia contro Socrate per sostenere l' opinione comune dell' idea di Giustizia : “la Giustizia” , afferma Trasimaco ,” è il diritto del più forte” . Ascoltiamo cosa dice Platone a questo proposito, nella traduzione di Giuseppe Lozza, (Ed. Mondadori): “Trasimaco...non si contenne più, si raggomitolò su se stesso come una belva e si lanciò su di noi come per sbranarci... A sentire quelle parole io mi sbigottii, e provavo paura a guardarlo, e forse avrei perso la voce se io non avessi guardato lui prima che egli potesse guardare me.” Assai interessante è anche la nota di Giuseppe Lozza a questo passo , che attesta :”Platone evoca un tratto di superstizione popolare e implicitamente paragona Trasimaco a un lupo. Si credeva infatti che essere visti da un lupo provocasse la perdita della parola, a meno che non fosse l' uomo a vedere per primo il lupo. Il lupo ha grande importanza nel culto e nel rito dei Greci, ma generalmete viene associato a fenomeni negativi e infausti come l' esilio e la morte”. Proprio la presenza dello sguardo, di “questo sguardo” del lupo, nella Comoglio, prelude al sovvertimento del senso, alla degenerazione del significato della Parola , al naufragio del silenzio concepito attraverso la valenza nichilistica e negativa della categoria dell' “incomprensibilità”; se sul piano politico e sociale , cioè nel linguaggio della Repubblica, questo silenzio corrisponde alla perdita della propria patria, nell' ermeneutica di Eraclito lo stesso silenzio coincide con una necessaria lacerazione, con l' originaria patologia schizofrenica che fonda la conoscenza razionale, ovverosia con l' esilio dalla dimora del *sé ( ēthos anthropō daimōn : il frammento di Eraclito, restituito al suo etimo, suona allora: l' ēthos , la dimora nel *sé , ciò che gli è più proprio e abituale, è, per l' uomo, ciò che lacera e divide, principio e luogo di una scissione. Giorgio Agamben, saggio “Se. L' Assoluto e l' Ereignis”).

Possiamo ora comprendere come il titolo della seconda lirica di Silvia Comoglio , “Euridice”, sia naturalmente consequenziale alla azione dell' immagine paurosa dello sguardo del lupo che blocca il respiro e che congela la Parola; Wittgenstein consiglia di soffermarsi sull' etimologia di un termine per spiegarne il senso, cioè la relazione intima, tridimensionale, di ogni singola parola con le altre parti del discorso ( ed oltre) in cui ciascun termine si colloca ( la ragnatela tridimensionale del senso, ovverosia la proiezione e l' espansione nello spazio di ogni singolo, specifico significato, a creare ciò che immagino come un “ campo del senso”; in particolare ritengo che la logica di Silvia Comoglio corrisponda ad un campo del senso dipolare). Cerchiamo di fare proprio questo consiglio analizzando nella sua composizione fonetica la parola “Euridice”, estrapolandola cioè dal contesto che potrebbe sembrare banale del mito di Orfeo.


Euridice” è composta da Euri e da dice


Euri è il genitivo del vento di Sud-est (Eurus), il vento caldo d' Oriente

dice è voce del verbo dire



Euridice è quindi il dirsi della parola che disgela ciò che è stato prima congelato, il soffio del vento caldo dell' Oriente in contrapposizione al vento gelido dello spazio ( un vénto – scucito-/ tra le foglie, àlto, óltre/ queste porte...): troviamo in questa lirica ab initio la dialettica della parola che gela e della parola che disgela, che scuce e che cuce, che avevamo già evidenziato nella lirica precedente, e che continuerà a riproporsi in seguito attraverso il dinamismo biologico dell' atto ritmico respiratorio ( inspirazione= congelamento / espirazione= disgelo).


Perchè allora Silvia Comoglio utilizza la figura del cane , e non direttamente quella del lupo? Probabilmente perchè il cane è un simbolo ancestrale dell' Indifferenza che lega , attraverso un filo ininterrotto, la cultura contemporanea ( Eugenio Montale) all' Antico Egitto (al Dio Seth, dalla faccia di sciacallo, il guardiano benigno del regno degli inferi), attraverso il Mondo Greco ( Cerbero) e la cultura Minoico- Micenea dell' Isola di Creta la quale, soprattutto nel periodo intermedio ( il M.M., Minoico-Medio, 2000 - 1600 a.C: massimo sviluppo delle città-stato governate dai re-sacerdoti di Malia e di Cnosso) è diventata il punto di incontro e di scambio , nel Mediterraneo , tra Oriente ed Occidente: con l' Ellade ( l' Elladico medio, corrispondente al M.M. , è il periodo di occupazione ed invasione del Peloponneso delle popolazioni Greche ), con l' Egitto del Medio Impero ( le dinastie Tebane) e con le altre grandi civiltà orientali (il luogo di provenienza del vento Euro) , in particolare con le città della costa semitica ( Biblo, Athsana, Mari) ma soprattutto con l' Asia Minore e la Cappadocia (Impero Hittita) e con la Mesopotamia (Impero Assiro-Babilonese). Dice Pierre Demargne nel suo libro “L' Arte Egea”: “Il secondo grande fatto storico del Bronzo Medio è la straordinaria ascesa della civiltà cretese a partire dal anno 2000 circa: nasce allora una talassocrazia, si stabiliscono relazioni con le grandi Civiltà del Medio Oriente , e una raffinata civiltà fiorisce a Creta, quella dei primi palazzi.... ci appare come un periodo raffinato, equilibrato classico...” . A questo periodo data il tesoro scoperto in una necropoli dell' isoletta minoica costiera di Mochlos ( c.ca 2000 a. C.) i cui diademi, gioielli e vasi sono conservati presso il Museo di Hiraklion, ed in particolare lo splendido coperchio di una pisside di pietra, “ sul quale si stira pigramente un cane dalle forme molto semplificate”. A proposito di Malia , è strano come nella poesia 11. di Euridice essa appaia in compagnia della parola oriente e con l' ipotesi della voce ammaliante che configura la vita come morte , e la morte come vita: “...qui è l' oriente.../la voce /...che si affaccia sull' último filare, ammaliando /quanto non vivremo del témpo che si chiama – límite del bosco” ( Ciò che non è vissuto , in quanto malia, appare desiderabile da vivere , e di conseguenza la vita realmente vissuta è assimilata alla morte). “Seth, il dio dalla faccia di sciacallo, è una delle maggiori divinità dell' Alto Egitto, con la funzione di benigna divinità dei morti...divenendo infine una divinità dei paesi stranieri e quindi un dio ostile...assolve, inoltre, anche altri compiti fondamentali: è il dio della guerra e della forza bruta, che insegna ad asservire nella lotta violenta per vincere in battaglia e trovare l' onore... nelle versioni ellenistiche della mitologia egizia è noto come Tifone... Cèrbero nella mitologia greca è figlio di Tifone e di Echidna e quindi fratello dell'Idra, di Ortro e della Chimera; è un cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro; sanguinario e gigantesco , emette dalle fauci dei latrati che scoppiano come tuoni, il suo corpo è ricoperto di velenosissimi serpenti che ad ogni latrato si rizzano facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito è sorvegliare l'accesso dell'Ade o Averno per impedire ai vivi di entrare ed ai morti di uscire.Nell' antichità il "nudo suolo" era definito Cerbero (o "lupo degli dei") poiché ogni cosa seppellita pareva essere divorata in breve tempo.” ( Da Wikipedia). Possiamo vedere come questo simbolo del mito, con il passar del tempo, muti progressivamente la propria valenza da positiva a negativa: questo punto di conversione, il punto dell' Indifferenza , nella lirica della Comoglio, coincide con la civiltà Cretese del periodo Medio.

Vi è però un motivo più pregnante, secondo me, riguardo l' utilizzo della figura del cane , ed è un motivo di ordine lessicale: esso è in relazione con la consonanza dei termini cane e canto e della loro trasformazione. Si consideri infatti la progressione esatta delle figure lessicali:




è il cane / ponte a mezzanotte ... → II. Euridice → il sempre qui sopporta ógni – nostra fine → Canto


Si ricordi inoltre quanto avevamo affermato all' inizio riguardo al punto critico della mezzanotte, definito come “ l' istante che unisce i due giorni successivi e che rappresenta il fulcro del divenire “ : nella macchina del tempo è proprio questo l' ingranaggio più sensibile del meccanismo nel suo scorrere, quello che più facilmente può bloccare il tempo per renderlo immobile oppure irrimediabilmente ciclico, ripetitivo (il sempre ripetersi della medesima giornata, il sempre sopportare ógni – nostra fine ) ; è questo l' istante che inceppa il Canto e che lo fa letteralmente scrocchiare come un ingranaggio sgranato, il can – te -te- te ... ( il tempo Kronos di Deleuze). Solamente Euridice , in quanto natura ed essenza “scongelante” , può sbloccare questo ingranaggio per farlo frusciare nuovamente e ricondurlo al Canto del tempo che, svolgendosi nella linearità della melodia , ovverosia dipanandosi come il filo di Arianna attraverso il labirinto delle Ere, libera l' Uomo dal nichilismo contemporaneo e lo destina alla dimora (ethos) che gli è propria.


...


Ahimè,non mai due volte configura

il tempo in egual modo i grani! E scampo

n'è: ché, se accada, insieme alla natura

la nostra fiaba brucerà in un lampo

( da Vento e bandiere, Movimenti, Eugenio Montale)


...



Voglio ora citare altri versi tratti da liriche di Montale in cui fa nuovamente la sua comparsa la figura della “divina Indifferenza”:




Ora sia il tuo passo

più cauto: a un tiro di sasso

di qui ti si prepara

una più rara scena.

La porta corrosa di un tempietto

è rinchiusa per sempre.

Una grande luce è diffusa

sull' erbosa soglia.

E qui dove peste umane

non suoneranno, o fittizia doglia,

vigila steso al suolo un magro cane.

Mai più si muoverà

in quest' ora che si indovina afosa.

Sopra il tetto s' affaccia

una nuvola grandiosa. ( da Sarcofaghi, Movimenti)



...


Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua della sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. (da Ossi di seppia)



che la Divina indifferenza e il magro cane siano la stessa cosa, lo deduciamo dalla corrispondenza biunivoca tra le strofe delle due poesie, (mai più si muoveràla statua ; ora che si indovina afosasonnolenza del meriggio; una nuvola e la nuvola); tale Indifferenza , in quanto pura potenza, serba in sè la capacità ambivalente dello sguardo radioso (Una grande luce è diffusa...vigila) e dello sguardo congelante ( il falco alto levato): è quindi una energia essenzialmente a-morale, che può diventare vivificante oppure onnivora.





NB: si noti che i segni sopra i quali il cane è disteso raffigurano il disco solare con i suoi raggi; il cane è quindi sovrapposto ad un sole che è sotterraneo e che, in quanto coperchio di una pisside, custodisce qualcosa, forse la stessa potenza solare . Quale miglior simbolo per una Civiltà che nel Minoico Medio possiede quel labirinto in cui il Mito nasconde il Minotauro, in mostro dalla testa di Toro che incarna questa figura del sole onnivoro. E non è forse vero che Rhea Cibele ,sposa di Kronos e madre degli dei olimpici, è anche chiamata Berecynthia ossia la Cretese?