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anno 05/2009




Incommensurabilità del Fatto Estetico   
Sull'impossibilità di de-finire l'arte

Sergio Zanone




C'è un proverbio il quale afferma “ è l' eccezione che conferma la regola”; questo è un modo di dire pregno del senso pragmatico delle culture rurali, ove ciò che risulta importante al fine della sussistenza individuale e della sopravvivenza del gruppo è proprio la risoluzione immediata del “problema”, di qualsiasi “problema” , a scapito dell' “eccezione” ; tuttavia , se sul piano della prassi in certi casi dobbiamo giustificare il fatto di soprassedere all' “eccezione”, soprattutto in quei casi ove non esiste il tempo per pensare anzi occorre agire il più presto possibile , ci chiediamo però come ci si debba comportare sul piano ontologico , ove l' “eccezione” , solo per il fatto di esserci , di esistere , non può assolutamente essere trascurata , anzi pone se stessa come fondamento della regola: infatti , se è vero che l' “eccezione” conferma la regola , allora è altrettanto vero che senza l' eccezione la regola non può esistere; ” l'eccezione conferma la regola” è una regola che viola se stessa , o meglio che contiene in sé il seme, come possibilità, della propria metamorfosi. Questo proverbio “del buon-senso” si rivela di fondamentale importanza per l'umanità , poiché si attua in un piano meta-ontogenetico , ovverosia fonda la possibilità dell'estrinsecarsi della vita , della conoscenza e della libertà nei suoi innumerevoli aspetti quale noi la conosciamo : infatti la realtà dell'essere (il noumeno) è irriducibile alla realtà come viene da noi percepita ed interpretata (il fenomeno); per quanto ci si ingegni ad esprimere il reale in parole, segni , simboli , numeri , ci sarà sempre una piccolissima , infinitesimale discrepanza ( l' “eccezione”) , e questo significa che “l'essere in sé” è incommensurabile con ” l'essere” percepito, pensato e detto . Non esistono regole senza la possibilità che siano violate, e dobbiamo ringraziare proprio questo proverbio se noi esistiamo , agiamo , pensiamo, amiamo , viviamo... violare una regola , ciò che in genere consideriamo come un male morale al livello di attuazione della regola stessa ( il campo della norma) , diventa necessario a livelli differenti. Questo non è solamente un gioco di parole , un compiacente sofismo .Vediamone l'applicazione dal punto di vista scientifico: Karl Popper , nel Poscritto alla logica della scoperta scientifica afferma esplicitamente che “al principio di «verificabilità» si oppone quello di «falsificabilità» contestando così ogni possibilità di verifica di una proposizione scientifica , che sussiste perciò soltanto come ipotesi sempre confutabile da altri controlli” (cit.) : ciò significa che risulta impossibile spiegare tutto , trovare una regola assolutamente inviolabile : ogni regola sarà “vera” , ossia inviolabile , in un determinato campo di applicazione , il quale campo dovrà essere definito altrettanto bene che la regola stessa; in questo campo possiamo trascurare l'eccezione , ma al di fuori di questo campo la regola viene disattesa dall'eccezione, per cui dovremo ridefinire ed approfondire la regola ( ed il corrispondente campo di applicazione) al fine di incorporare le eccezioni che continuamente appaiono e così via , in un processo di ricerca della verità che sembra non aver fine, e che ci consente di definire la scienza come un processo cognitivo dinamico in cui i limiti teorici vengono continuamente spostati verso un fine che si situa in un piano metafisico umanamente irraggiungibile ; anche per la scienza contemporanea quindi la “verità in sé” è un utopia , e questo fatto appare sorprendente se pensiamo che duemila anni fa Pilato stesso chiese a Gesù : “che cos' è la Verità?”. Questo è tanto più vero per quelle scienze in cui il “fatto in sé “ riveste , più che un valore assiomatico , un valore interpretativo , come per esempio l' antropologia , la storia , la paleoantropologia, la psicanalisi...eppure anche in queste scienze , ove a maggior ragione è indispensabile l' umiltà di giudizio e l' onestà intellettuale , ci si trova di fronte a comportamenti mistificatori ( da parte di scienziati anche di fama mondiale) che di scientifico hanno ben poco , comportamenti volti non tanto a sottoporre il fatto al giudizio ( ovverosia ad una valutazione obiettiva ) bensì a piegare , a modificare , a falsificare il fatto per affermare una teoria e per rivestirla dell' abito della propria ragione; in questo senso la scienza diventa profondamente antidemocratica e vessatoria. Un esempio? Consideriamo in antropologia l'interpretazione delle testimonianze fossili e dei manufatti scoperti in varie parti del mondo a partire dalla seconda metà del 18° secolo fino ai nostri giorni e che vede l'origine dell' Homo sapiens sapiens derivare dall' Australopithecus tramite le fasi intermedie dell' Homo erectus e dell' Homo habilis secondo una certa sequenza temporale standardizzata , come ci insegnano oggi a scuola , e che viene presentata come una verità obiettiva : ebbene , sembra che tali testimonianze siano state volontariamente forzate , per cui quei reperti fossili che si presentavano come “anacronistici”negli strati sedimentari , quelle testimonianze “scomode” ( le eccezioni) che non si accordavano con la teoria e che anzi la contraddicevano in certi punti, sono state immotivatamente screditate oppure , nel peggiore dei casi , addirittura distrutte , dimenticate , fatte scomparire fisicamente, mentre contemporaneamente sono sopravvalutate le tesimonianze in accordo con tale teoria . Evidentemente per qualcuno la traccia dell' Homo sapiens sapiens in periodi quali il Pliocene e il Pleistocene intermedio (epoche in cui secondo la teoria avrebbero dovuto esistere solamente le forme ancestrali erette dei nostri antenati ), aveva il sapore dell' eresia ... (si veda al proposito il libro Archeologia Proibita di Michael Cremo e Richard Thompson ,Newton Compton editori) . A questo punto mi chiedo cosa la Scienza possa aver imparato dalla Storia , se anche al giorno d'oggi viene reiterato il leit-motiv della condanna di Giordano Bruno e di Galileo Galilei , ieri martiri della tradizione della Chiesa , oggi martiri della tradizione della Scienza. E soprattutto , cosa fare , al contrario, ove sembra regnare l' indeterminazione del giudizio , quel nichilismo che toglie qualsiasi valore al pensiero e alla morale , cioè a quelle potenze che ci permettono di dominare il caos e la forza bruta ? Ecco, da una parte esiste solo la regola fissa e inviolabile, reazionaria, di un mondo irriducibilmente statico, la dittatura dell'essere , dall' altra il cosmo caotico delle eccezioni che , se prendono il sopravvento sulla regola, determinano l'anarchia del divenire: tra questi due estremi contigui vive l'uomo , sempre alla ricerca di un qualcosa di ragionevolmente stabile per potervi edificare sopra la certezza di una filosofia, il fondamento del proprio pensiero: ciò si rivela , nel corso della storia dei popoli , nella volontà e nella capacità di costruire precisi sistemi filosofici e politici ordinati da leggi e da regole che solamente se inviolabili possono porre una barriera al propagarsi del caos onnivoro, dell' entropia fonte del disordine e causa della dissoluzione non solo dei corpi ma anche delle anime ( si leggano in proposito gli scritti di Levy Strauss) ; la stessa morale primitiva si fonda su questa idea, poiché il concetto di bene e di male scaturisce dalla possibilità di rettificare o di rompere un ordine prestabilito , violandone una regola : il bene è l' atto che reintegra l' ordine delle cose , il male è l'azione che causa il disordine tra le cose. Possiamo ora comprendere il valore primitivo di un rito religioso e la necessità della sua perfezione formale: quando il rito, che crea e rigenera il mondo, viene assimilato al suo ordine formale , allora questo ordine muta la propria valenza e si trasferisce sul piano teatrale; nel momento in cui il rito stesso arriva ad identificarsi esattamente con l'ordine formale dei gesti e delle parole che lo costituiscono , indipendentemente dal senso originario, allora violare la formula del rito equivale a rompere l' ordine precostituito , e in ciò consiste l'essenza del male; così Satana diventa il distruttore per antonomasia , colui che fonda la propria esistenza nella regola in quanto inviolabile; così la parola magica si trasforma in incantesimo non per quello che dice , ma per come lo dice: più diventa incomprensibile nel suo significato , maggiore è la potenza in essa contenuta. Eppure , elevarsi ad un livello superiore , saper accettare l' ”eccezione” , voler comprendere l'”eccezione” , significa realizzarsi come esseri umani , significa saper pensare : il pensiero , che al livello inferiore si presenta come un flusso di parole , di immagini , di suoni che provengono dalla memoria ( tutti pensiamo, ma come se fossimo trasportati da una corrente , attraverso una passività corrispondente al lasciarsi pensare , al lasciarsi vivere , al realizzarsi di un istinto inscritto nel codice genetico di un uomo come in qualsiasi altro essere vivente ) , necessita di addestramento: saper pensare è sapere di pensare , è sapere di essere liberi di vivere in un mondo di regole e di eccezioni, non solo di regole o di eccezioni; l' autocoscienza pone in discussione , oltre all'ordine del reale , anche se stessa , e ciò le consente di imparare , di crescere e di svilupparsi ; l' uomo che pensa è esso stesso un artista che , come un alchimista , affonda le mani nel magma originariamente indistinto del flusso di pensiero per trasformare immagini e senSazioni concrete in astrazioni , la materia nella forma e viceversa, consapevole che nell' ordine della logica è previsto e necessario il paradosso dell' eccezione, il quale pone un limite alla precisione nella misura di tutte le cose .Il pensiero che pensa se stesso è l'enigma della Sfinge, è il riflesso di un riflesso, la paradossale originaria tautologia , il labirinto senza entrata e senza uscita. E' per questo motivo che il fatto estetico sfugge ad ogni logica definizione ovvero diventa incommensurabile : infatti si situa al confine tra la “regola” e la sua “eccezione” .

Z.S. 23/5/09