27
anno 2014
|
il cielo 
di Armando Bertollo esperienza della notte
Commento di Sergio Zanone
|
|
Ego
dormio, et cor meo vigilat.
Vox
dilecti mei pulsantis:
Io
dormo, e il mio cuore vigila.
La
Voce pulsante del mio amato.
Aprimi,
sorella mia, amica mia,
colomba
mia, mia immacolata
Oppure,
nella poetica traduzione di Cesare Angelini : Dormivo, ma il
mio cuore vigilava (mi ascoltavo dormire) . Una voce! Era lui,
era il diletto che un po' chiamava e un po' picchiettava. (
Cantico dei Cantici, scena quinta , Giulio Einaudi Editore). Il
Cantico dei Cantici è il mirabile dei Cantici, loro Cuore
e loro Essere, Essere dell' Essere, Essere essenza. Il
Cantico fu con difficoltà inserito nel Canone
Biblico dai teologi Ebraici per l' arditezza delle sue immagini
erotiche e soprattutto per le tesi che lambiscono l' eresia;
esso narra l' incontro e il dialogo tra due Sposi promessi ed
è considerato l' espressione più sublime della
poesia e della letteratura Ebraica, e forse Mondiale.
Annunciazione. I due sposi sono
i
due punti del cuore.
La
comunione degli sposi si diverte a scambiare i ruoli e le
immagini nel corso della vicenda che si svolge talora in un
Castello , talora in un Giardino . Nella quinta scena, la sposa
dice: Io dormo, e il mio cuore vigila; aggiunge Cesare
Angelini: (mi ascoltavo dormire). Come può
ascoltare la sposa dormiente ? Il profondo silenzio del sonno ,
ove il pensiero non agisce, subisce: a-logia ,
non-pensiero, è il luogo ove il cuore ascolta: ascolta
nel silenzio.
Entrai
dove non sapevo
e
restai senza sapere
ogni
scienza trascendendo
Ascolta
il suo pulsare , il battito della sua Voce , la Voce dello Sposo
che vigila dentro il corpo della Sposa. Il Cantico è la
Voce dello Sposo che parla nel Silenzio, la sua Parola, i suoi
baci:
Osculetur
me osculo oris sui
Báciami
con i baci di tua bocca
|
Cantico
dei Cantici, latino della Vulgata,
scena
V
S.
Juan de la Cruz, Poesie, cit. poesia III , Giulio Einaudi
Editore
verso
introduttivo del Cantico dei Cantici
|
|
Ma
cosa è il Cantico dei Cantici, la “Parola Eterna”
? Con le parole di Meister Eckhart e di Rudolf Otto: “Le
idee sono nella loro somma la “Parola” eterna in Dio,
che egli pronuncia in sé dall' eternità all'
eternità ; l' idea in Dio non è altro che l'
essenza di Dio. Dio crea dal nulla con la sua Parola: nessun
secondo principio concorre a ciò, nessuna materia prima
gli sta di fronte. Egli crea secondo gli archetipi eterni che
sono in lui eternamente , secondo le idee eterne, secondo le
rationes. Queste idee sono eterne e necessarie. Infatti
non sono altro che aspetti del suo proprio essere, ricco,
inesauribile.”
In
queste Idee scava il Poeta, corre sui loro promontori. (cfr. Gio
Ferri) . Ecco , questa Voce che pulsa proviene dall' oscurità
della notte ed è bagnata di rugiada, di magia:
quia
caput meum plenum est rore,
et
cicinni mei guttis noctium
Rorida
di rugiada è la mia testa
e
i miei riccioli stillano già di notturne gocciole
M'
ero tolta la tunica (indossarmela ancora?)
m'
ero lavati i piedi( imbrattarmeli ancora?)
La
sposa è distesa, nuda, nel suo letto: già lavata,
perfetta; perchè perfetta? A questo punto succede
qualcosa di straordinario, di “umanamente carnale”:
lo Sposo ( la Voce, la Parola, Il Canto) allunga la mano
attraverso le cortine e tocca il seno della Sulamite ( la sposa):
Dilectus
meus misit manus suam per foramen,
et
venter meus intremuit ad tactum eius.
Il
mio amato allungò la mano attraverso il foro,
e
il mio seno tremò al suo contatto.
Foramen
è anche ferita; venter è
anche ventre, sede dell' utero. Ciò che accade è
una fecondazione divina poiché la ferita
sanguinante è il segno, l' impronta
della fecondità della donna : la perfezione del suo stato
femminile di Madre.(cfr. Meister Eckhart) La goccia di rugiada ,
come una perla, è infatti il seme fecondante deposto
dalla mano nel ventre della sposa : abbiamo già incontrato
questa immagine nella poesia di Bertollo Fare
silenzio (parte II) ove la
mano , come un vaso, come una conchiglia, raccoglie Volontà
di Potenza. L' impronta,
ת
tau
, la potenza della Parola nascosta o manifesta, il
silenzio o il suono, la porta e la croce. Poiché
la sposa , quando si alza per aprire la porta al suo amato,
Surrexi
ut aperirem dilecto meo
Mi
levai per aprire al mio diletto
veramente
tocca la mano che aveva
accarezzato il suo ventre : nel Cantico non esiste più
lo spazio dell' umana esperienza : tra Sposo e Sposa
non vi è più distanza
ed è , quomodo -
ad ogni modo, la reazione più immediata e istintiva il
toccare “quella”
mano. La mano – porta, la mano-croce: annunciazione
e deposizione:
|
Mistica
orientale e Mistica Occidentale, pag. 105, Rudolf Otto,
trad. di Marco Vannini, SE edizioni; per la dottrina platonica
della partecipazione del mondo dalle idee , che è sempre
un processo simile all' azione di un campo di forze da parte
dell' idea, cioè un aver parte dal lato delle cose e un
dare parte dal lato delle idee, e per la particolare
interpretazione che ne fa Meister Eckhart attraverso il concetto
di generazione e di creaturalità, si veda l' opera citata
a pag. 106 e 107
Cantico
dei Cantici
Cantico
dei Cantici
Cantico
dei Cantici
|
|
Manus
meae stillaverunt myrram,
et
digiti mei pleni myrra probatissima.
Le
mani s' unguentarono di mirra,
e
le mie dita si riempirono di purissima mirra.
O
cauterio soave
o
benefica piaga,
carezzevole
mano, contatto delicato
che
hai sapore di vita eterna
e
ogni debito paghi!
Uccidendo,
la morte in vita hai tramutato.
La
rugiada si è trasformata in mirra , l' olio dei morti :
deposizione e scomparsa. Ed infatti lo Sposo, quando
finalmente Sulamite apre quella porta ( Pessulum
ostii mei / tolsi il chiavistello della mia porta) più
non appare poiché non è di questo mondo. I due
punti del cuore, l' atrio e il ventricolo, la porta e il
ventre:
Pessulum
ostii mei aperui dilecto meo;
at
ille declinaverat atque transierat.
Anima
mea liquefacta est ut locutus est.
Apersi
al mio diletto,
ma
il mio diletto era andato via.
Dopo
averlo chiamato a lungo , la mia anima si sciolse.
Lo
sciogliersi dell' anima: liquefazione. La creatura e il
Creatore. Maria ai piedi della Croce. Un abisso chiama l'
abisso:
Quaesivi
et non inveni illum;
Lo
chiamai lungamente, e non rispose.
Il
bianco e il nero, bianchezza ed oscurità : i colori del
Tao. Lo Sposo rivestito di notte è un principe , ricco di
pietre preziose : le gocce di rugiada come stelle. Cielo
notturno. Esperienza della notte oscura : teo-alogia (
cfr. Giorgio Agamben, introduzione e traduzione di S. Juan de la
Cruz, Poesie, Giulio Einaudi Editore). Nero come l' inchiostro
che scrive, traccia linee e segni, gli ideogrammi fecondi di ogni
primitiva scrittura :
alba
pratalia araba
e
negro semen semenaba
aravano
bianchi prati
e
seminavano nera semente
nella
terra circo-scritta, ara-ta, ri-volta. E' seme è
sterco è luce / è notte è
attesa è passione. Rimimo il limo, la vita,
nel cosmo / la s coincide. ( cfr. La mia ri-beltà) La
lettera “s” di seme e di sterco, di
attesa , passione e cosmo: fecondità
della vita. La “s” di Sposo e di Sposa. Il negro
sposo , il capovolto fiume di stelle
, l' orizzonte notturno che sorge nello stupore della pagina
nera , notte dell' anima,
ove i Luoghi di culto / d' animati manichini sono
in modo paradossale proprio i templi
che indicano la
direzione verso l' alto, il telos
: solleva la testa (capo-volto)
, ci dicono, poiché
si è miseramente vicini vicini all'
orientamento (A. Zanzotto).
Vicini vicini ... appena appena.
|
Cantico
dei Cantici
S.
Juan de la Cruz, Poesie, poesia II, Giulio Einaudi Editore
Cantico
dei Cantici
Cantico
dei Cantici
l'
Indovinello veronese del X sec
|
|
Solleva
la testa verso Aliot, Merak e Dubhe (Vaghe stelle
dell' Orsa... cfr. Giacomo Leopardi
) , poiché Un peso pende ad un gancio (cfr.
Carlo Michelstaedter) e ci
opprime verso il basso (
cfr. S. Juan de la Cruz, Monte Carmelo) : esso si chiama
spirito di gravità. (cfr. Fredrich Nietzsche).
La bianca sposa, colomba immacolata , bianca
come pagina bianca (lo spazio incorrotto)
e fertile come la terra negra :
Nigra
sum sed formosa, filiae Ierusalem,
Nolite
me considerare quod fusca sum,
quia
decoloravit me sol.
Sono
bruna ma bella,
o
figlie di Gerusalemme,
Non
badate se sono così bruna:
è
una tinta che mi ha dato il sole.
La
bianca sposa , Biancaneve
dai capelli neri, cerca il suo sposo ne vagari
incipiam, per non vagare errando, inutilmente:
ma la luce dei suoi occhi è offuscata dalla luce
abbagliante del sole – Biancosole,
perciò vede solo oscurità ,
come se i suoi occhi fossero chiusi. E gli occhi di Biancaneve,
nella bara di cristallo, sono chiusi. “Ciò
di cui si fa l' esperienza” nella
notte dell' anima, dice
Giorgio Agamben “non è appropriazione o
habitus, ma spossessamento, e alienazione; non fulgore, ma
offuscamento; non un avanzare in chiarità e ricchezza, ma
uno sprofondare e un incagliarsi in cecità e buiore... è
il momento della privazione , del disgusto, dell' angoscia”.
Dio
mio, Dio mio , perchè mi hai abbandonato?
Liquefazione.
Esperienza
della via negationis : Movimento senza senso, senza
scopo, senza compimento (cfr. M. Eckhart) :
nel
caotico via vai
d'
animati manichini
dentro
lo Sposo , poiché lo
Sposo è la luce e l' ombra , l' Essere e il Non-
essere della creatura.
Quaesivi
et non inveni illum;
Vocavi
et non respondit mihi.
Invenerunt
me custodes qui circumeunt civitatem;
percusserunt
me et vulneraverunt me,
tulerunt
pallium meum mihi custodes murorum.
Lo
chiamai lungamente, e non rispose
perchè
era andato via...
Mi
imbattei nelle guardie
di
ronda alla città;
mi
strapparono il velo ,mi percossero,
le
guardie delle mura.
|
Cantico
dei Cantici
S.
Juan de la Cruz, Poesie, cit. dalla prefazione di Giorgio
Agamben , Giulio Einaudi Editore
Cantico
dei Cantici
|
-
Necessità
della spogliazione: inutilità delle parole,
inutilità delle immagini. Andare oltre l' Idea, varcare
il promontorio dell' Idea ; “necessità
di accettazione dell' opacità del testo come tale ,
“non- lettura” in quanto sospensione della
prospettiva esistenziale volta a cercare sempre
e comunque il significato delle parole ...
necessità di lasciar risuonare i simboli in sé
stessi , saturi e colmi di nulla, e non rimandano ad alcuna
verità nascosta. Il paradosso della teologia mistica è
appunto questo: che, in quanto è opacità, e
spossessamento integrale, l' esperienza finale che essa implica
è quella, puramente negativa, di una presenza che non si
distingue in nulla da una assenza. ...un' appropriazione il cui
oggetto è l' Inappropriabile stesso ...l' Inafferrabile
che si dissolve nell' istante stesso in cui si mostra, nella
disperata coscienza che l' epifania poetica non ha in ultimo
altro contenuto all' infuori di se stessa e del proprio
inevitabile naufragio”:
inseguire
il
filo di un pensiero
sul
filo dell' orizzonte
della
mente
mettendo
a fuoco proprio
quel
punto
che
confonde
nave
gabbiano
naufrago
(Armando
Bertollo, da: inseguire il filo, parte I, Coordinate)
|
S.
Juan de la Cruz, Poesie, libera cit. dalla prefazione di
Giorgio Agamben , Giulio Einaudi Editore
|
|
|
|