anno 07/2009 |
Iperpraxi per l'aspirante artista 
Sulla genesi dell'arte Sergio Zanone
Poichè il fatto estetico è incommensurabile , in altre parole dal momento che non esiste una regola oggettiva dell'arte , come sarà possibile allora fare arte e come sarà possibile parlare dell' arte? Cercheremo qui di definire una Iperprassi , un percorso che ci permetta di entrare in un mondo , quello dell'arte , che nel corso del 20° secolo ha subito sconvolgimenti e capovolgimenti strutturali e concettuali tali da metterne in dubbio la stessa possibilità di sopravvivenza . Osservando quei fenomeni artistici contrapposti ed antagonisti che si susseguono e si sviluppano in modo diacronico e sincronico , spontaneamente sorge in me la domanda: ma chi ha ragione? Cosa posso definire arte, e cosa invece non è arte ? Consideriamo ad esempio una Sinfonia di Mozart e il Contrappunto dialettico alla mente di Luigi Nono ; entrambi i musicisti sono maestri nell'arte del comporre , posseggono la “materia”, eppure mentre Mozart sceglie di muoversi all'interno delle regole della tonalità , dell'armonia , del ritmo , Nono sembra abbandonare completamente queste regole per sperimentare nuove possibilità sonore e ritmiche , sovvertendo il principio stesso suono-rumore. Mozart rappresenta la figura del musicista “classico” per eccellenza , Nono incarna invece la figura del “rivoluzionario”; ho parlato di Mozart e di Nono , tuttavia la mia intenzione non è quella di contrapporre musicista a musicista : avrei potuto scegliere altre “coppie antagoniste” di musicisti sorti e vissuti nell'ambito “classico” della musica come ad esempio Beethoven – Sciarrino , Mahler – Ligeti , oppure Schubert – Cage... Il vulgus non esiterebbe a considerare i primi termini di ogni coppia come i veri musicisti , ed i secondi come curiose forme degenerate e zoomorfiche ; non dobbiamo meravigliarci di questo fatto , ma dobbiamo considerare come il vulgus sia nato e vissuto nel campo della regola , abbia acquisito e memorizzato fin dall'infanzia quei modi di far musica tipici della prassi classica e li abbia reiterati in un loop cerebrale infinito... Anche la musica pop e rock rientra in una prassi “classica” semplificata, basta analizzare come si susseguono nel brano le frasi musicali ed i giri armonici. Quando il gusto diventa un abito della mente , il vulgus sceglie quella musica cui è stato da sempre abituato e che gli è familiare e rassicurante: talmente familiare e rassicurante da ottundere il suo senso artistico in modo da non riuscire a distinguere, in certi casi , la differenza tra le sinfonie di Richard Strauss e quelle di Schostakovich: personalmente io credo che la differenza tra questi due autori sia abissale non tanto sul piano della prassi “classica”, quanto sul piano dell' emozione ( incominciamo ad entrare qui nell'argomento previsto nel titolo del saggio).Tuttavia , se questo comportamento può essere accettabile nel vulgus , il quale manca spesso di una adeguata preparazione musicale, non si comprende come possa essere attuato da musicisti affermati se non intendendolo come un proprio limite mentale , oppure come una manifestazionedi invidia latente . Al contrario , sarebbe interessante fare l' esperimento di allevare ed educare il vulgus sin dall'infanzia esclusivamente all'interno di una prassi “contemporanea” di intendere la musica . La prassi può servire al critico d'arte per classificare ed analizzare gli stili , per affinità o per contrapposizione con le altre prassi, ed essa possiede soprattutto un valore storico ; il critico d'arte deve essere un critico di storia dell'arte, deve conoscere le opere e le estetiche , tuttavia non può fermarsi a questo : egli ha la possibilità , e questa possibilità è per lui una sfida , di superare ogni prassi per “sentire” con la propria sensibilità ed intuizione.
Le varie estetiche che si sono succedute nel corso della storia , in quanto figlie del tempo e delle occasioni , hanno riflesso e generato altrettante prassi artistiche : tali estetiche si sono evolute ed infine hanno costituito degli stili e delle mode che poi si sono cristallizzati in regole attraverso fenomeni di ecolalia : come la teoria ha influenzato la pratica così la pratica ha a sua volta integrato la teoria in un processo di autodeterminazione a feedback, esaurendo ogni possibilità di ulteriore sviluppo e saturando il sistema ; possiamo quindi affermare che l' imposizione categorica della regola , in arte , ha come conseguenza un effetto regressivo. Sono convinto che l'arte possa rivelarsi non solo all'interno di ogni prassi estetica, ma oltre ogni prassi; infatti una prassi corrisponde ad una codificazione linguistica, intendendo in questo caso il linguaggio nelle sue varie forme poetiche ed artistiche , non a caso si parla di linguaggi dell'arte ; tuttavia questa codificazione si fonda su stilemi che rappresentano la parte più grezza del linguaggio , la crosta superficiale del significato e del senso , allo stesso modo in cui un edificio può essere costituito da mattoni , oppure da assi , da potrelle , da canne , da tavole...Oltre questi elementi costitutivi fondamentali , che realizzano fisicamente il progetto , vi è però la parte più importante e trascendentale, e cioè l' idea che genera il progetto ; così , prima di ogni prassi e oltre ad ogni forma di prassi , esiste un “progetto” dell'arte ; sarà questo progetto ad incarnarsi nei modi appropriati delle differenti estetiche rivestendosi delle regole codificate. Attenzione però; ciò che ho chiamato progetto non è un qualcosa costituito da numeri, misure, rapporti, linee, angoli, regole metriche ,grammaticali , lessicali; esso è più simile ad un sentire trascendentale , ad un moto dello spirito , ad una emozione profonda...ecco , l'inquietudine che traspare in modo più o meno potente dalle opere, che emerge attraversando la materia e la forma ( nonostante la materia e la forma) fino a penetrarti nello spirito per farlo vibrare prepotentemente e che in certi casi può provocare quella sindrome che in psicopatologia si chiama “ di Stendhal” (e che presenta affinità con gli stati mistici dell'estasi), questa inquietudine è più una esperienza del cuore e della mente che una conoscenza razionale.E' questa emozione che io ho provato nelle note di B.B.King come nei quartetti di Shostakovich, nel Victoria del Franco cacciatore di Webern come nella Fantasia in Mi Minore di Ariagno, nel San Gerolamo di Leonardo da Vinci come nell'Acquasantiera di Angelo Urbani , in Ossi di Seppia di Montale come in Ribeltà di Bertollo . Questa emozione non ha forma ma si esprime attraverso la forma , non ha sostanza ma si rivela nella materia : se potessi darle un nome la chiamerei “umanità”. A cosa potrei paragonarla se non ad una vibrazione cosmica , ad una carezza dello spirito? Di essa voglio definirne l' Iperpraxi , cercando , per quanto mi è possibile , di non sconvolgerne la natura , di proteggerne l'essenza indefinibile ed indescrivibile. Essa sfugge ad ogni regola , è al di sopra di ogni prassi , e rappresenta il soggetto dell' Iperprassi. Poichè non può essere né quantificata né qualificata senza falsarne o distruggerne l'essenza , gode per analogia di quelle proprietà antitetiche che la stessa materia ed energia manifestano negli stati più fini: ne consegue il fatto che non può essere detta ma solo evocata come alone circoscritto delle cose dette.
Regola prima ed unica dell' Iperpraxi:
Nell' Iperpraxi non vi sono regole
Questa regola mi permette di demistificare l'apparato dell'iperpraxi , poiché ne autolimita il valore categorico.Se non vi sono regole , non vi possono essere eccezioni: l' Iperpraxi si colloca prima della conoscenza razionale, proprio nell'utero dell' arte , ove ha genesi la coscienza dell'uomo. Tutto ciò che sarà detto a riguardo dell'
arte come libertà arte come viaggio arte come metamorfosi arte come sentire arte come comunicazione arte come apprendimento
dovrà poi essere dimenticato. Solo così potrà agire dal profondo dello spirito.
Z.S. 5/07/2009 |