Il legno, la caducità e il sacro nell´opera di Renato Tisato
autore Stefano Guglielmin
© Il saggio
"Il legno, la caducità e il sacro nell´opera di Renato Tisato" è stato pubblicato in
"RENATO TISATO", catalogo , Centrostampa, Schio 2002 volume in gran parte illustrato .
La variegata esperienza professionale di Renato Tisato, che lo ha visto impegnato negli anni Settanta in significativi viaggi
europei, a sperimentare la vita prima che l´arte e ad impiegarsi in professioni in cui la creatività inclinava a funzioni
pedagogiche o persuasive anziché al bello tout court, costituisce senz´altro quel bagaglio fondamentale, quel misto di memoria,
sudore e conoscenza, cui egli ha sempre attinto a piene mani. Con il passare degli anni, i rapporti fra indole tecnica,
competenza grafico-incisoria e passione materica si sono comunque meglio precisati, dando vigore ad un discorso piú complesso,
aperto alla problematizzazione del senso dell´arte e alla dimensione etica. Tutto questo, ovviamente, si legge nei differenti
capitoli che informano il Catalogo, e che ora andremo ad indagare.
La prima sezione, in cui domina la stoffa impregnata nel gesso, estetizza/anestetizza l´operazione di Burri, usando la materia
non in quanto espressione angosciosa della nudità delle cose, bensì quale sostanza portatrice di una particolare luminosità, di
un candore che, in un primo momento, ha certo soddisfatto l´artista ma che gli ha rivelato, anche, i rischi impliciti in tale
operazione. Per questo egli costruisce in seguito dei paesaggi in cui il "non detto" si fa presente nell´opera. Ecco allora il
silenzio, il vuoto, l´interiorità che gli spazi Zen della seconda sezione vogliono mettere in opera, collocando cosÍ la fruizione
in un ambito etico, prima che estetico.
A legare i due momenti appena accennati è il legno, quella sorta di tonalità affettiva naturale che culla e nutre Tisato sin
dall´inizio della carriera e che ritroviamo nella terza sezione, sintesi dei precedenti processi creativi. Qui, finalmente,
la stoffa abbandona la sua ieratica staticità, per assumere invece l´inquietudine propria ad ogni cosa vivente, e che
trova - nella forma totemica che la struttura - il suo corrispettivo simbolico. La verticalità dell´opera esibisce infatti
la conflittualità quale condizione del fluire, quella buona eris in cui i Greci videro il principio del divenire e che Tisato
coglie nell´attimo in cui si fa presagio, annuncio di una condizione che chiede continuamente di essere interrogata.
Il movimento inteso invece come sequenza ripetuta viene proposto nella quarta sezione, un agire seriale che apre nuovo spazio,
informandone gli equilibri e le tensioni, in una commistione di legni e materiali sintetici che cerca, sineddoticamente, di
fondere la natura e la cultura, l´istinto e la civilizzazione. Ma i lavori che meglio esprimono la complessità dell´artista,
tenendo insieme le sezioni precedenti e risolvendone le aporie, sono gli ultimi, quelli in cui la caducità, il tempo dei
mortali, si pone al centro dell´opera. Ecco allora, in primo piano, il rottame di capriata lignea, scheggia che porta con
sé la memoria dell´ingegno umano, quel tempo della vita denso di techne ma anche di tepore buono, cui rinvia qualsiasi
manufatto che abbia partecipato alla quotidiana fatica di vivere. Il legno esposto diventa in tal modo cosa che custodisce
il dolore e le speranze degli uomini, in una tensione (già resa fattiva da Burri nei "sacchi", e di cui Tisato coglie la
valenza esistenziale) che aduna artista, fruitore ed opera nella comune radice caduca. Quest´appartenenza ontologica, che
la chiacchiera interessata talvolta coniuga con etnia (o, peggio, con razza o quartiere) trova qui la sua verità piú
essenziale, rinviando a quanto davvero unisce gli uomini alla terra, e cioè al loro essere temporaneamente, al fatto
d´abitare ciascuno una zolla ben delimitata dalla quale aprire, potendo (ma non è questa, in fondo, la sovrana funzione
dell´arte?), mondi capaci di salvarci dal nulla.
Davvero salvano i legni di Tisato, martoriati dai tarli, dal tempo che campa distruggendo la materia, inservibili eppure vivi
di nuovo nella realtà dell´opera, decontestualizzati secondo la cognizione duchampiana del "redy-made", e dunque tolti dal
niente cui erano destinati avendo perduto la loro funzione originaria. Certo essi appartengono ancora alla terra, ed in essa
un giorno tramonteranno, ma la loro presenza esposta li riporta nel vivo della discussione, nel luogo in cui i mortali debbono
incontrarsi per riconoscersi fratelli. In questo senso Tisato, capovolgendo l´assunto dissacratorio del fare artistico di
Duchamp e scegliendo di porre la "cosa sul piedistallo" quale memoria e monito della caducità, rifonda l´ambito del sacro
(cui la solenne monumentalità dell´opera rinvia) a partire dalla finitezza, da quell´essere finito che - in quanto esposto,
messo nell´aperto della comprensione, lasciato essere nella sua evidenza insolubile, nell´opacità e complicanza spaziale
- ogni legno è. Così concepito, il luogo in cui i mortali ricreano il proprio senso, non rinvia alla trascendenza, ma si
consuma tutto nella presenza, nell´interrogare quei legni salvati dall´oblio che ci parlano, appunto, dell´uomo, del suo
fare e del suo sapere, senza l´inganno che ogni metafisica porta con sé.
Non è facile, sia ben chiaro, procedere in questo sentiero, il cui centro nasce e muore ogni volta da capo, e salva nella
misura in cui l´interrogare sopravvive alla nostalgia del fondamento, al lutto per la morte di ogni certezza; eppure, credo
siano questi i termini in cui si debba muovere l´arte contemporanea per poterci ancora parlare, per mostrarci quegli spazi di
senso irraggiungibili dalle altre forme di comunicazione. Discorso, sia detto in conclusione, che ha bisogno di interlocutori
altrettanto pronti, disposti a perdersi nel giogo che ogni opera espone, al fine di ritrovarsi in un´erranza mai conclusa ma
benefica, giacché capace di sopravvivere – appunto perché priva della violenza implicita in ogni sapere che si voglia
ostinatamente fondato e, dunque, inamovibile - alla tentazione di dominare l´altro, in nome di un Principio, di un utile,
di un´identità da difendere.
Stefano Guglielmin
© La pubblicazione sul Sito apuntozeta del saggio ,delle opere
e della
biografia dell´artista scledense Tisato , per gentile concessione di Stefano Gulglielmin
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