Letture proposte nel 2007 | Prima_che_sia_tutt_ombra | |
Letture proposte nel 2007 : Prima_che_sia_tutt_ombra |
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Chi ha seguito la vicenda nuova e immutabile della poesia di Sgambati, avrà colto i luoghi di una costellazione in costante risonanza, un sottofondo accanito di lievissimi urti, e il disfarsi e il ricucirsi di una trama che già in Orbitante clamore segnalavano una precarietà dell´aderire, un´intermittenza e residualità del vivere come microtessuto, l´onda che si ritira in merletti di spuma. Entro questa cifra di un paesaggio che (anche nel disporsi visivo del verso) si stama e si sgrana, le coordinate spaziotemporali dell´autore si collocano nell´ironia della negazione del qui e ora - e tutte le risposte non adesso o domani, giustamente non qui - cui corrisponde una più ampia eco, l´amplificazione di un Primo verbo, di una Finis Terrae. Non è dunque la linearità del tempo di un passo narrativo a segnare il percorso, quanto una circolarità che cadenza semmai i cicli della grande narrazione e la dinamica del volo — inverni, equinozi, riti di un universo creaturale assediato e incurante dell´assedio. Il tempo dei grandi transiti di una vicenda appunto nuova e immutabile, in cui anche i riferimenti storici tracimano nell´orizzonte mitico di antichissime pietre. Grande spazio occupa il tempo, com preso nell´assenza, nell´attesa, nella svagante memoria, tempo dilatato o attimo congelato: nella clessidra adesso è immobile la frana. Nella poesia di Sgambati alla precarietà dell´ aderire fa da contraltare un sorgivo dolore e la prossimità al luogo supremo del qui e ora, là dove si gioca lo scacco dell´ esserci: il corpo, ramificazione o bosco di vene. Così in Corporale la fisicità è il luogo dello sbocco dell´esistenza come radicalità, come pressione esplosiva del groviglio pulsante dei miei nodi, come in gola... Vivere tutto quanto. Il corpo è il luogo O quasi l´alloggiamento di un io inspecchiabile e privo di forma La mia forma verissima dev ´essere un sentire. una liquida fiamma che si sbanda. O come in Focus un io, veramente lÌ, senza ossa né muri, per intero allogato, io. E come un io inspecchiahile possa corrispondere a un tu innabbracciabile è uno degli enigmi che segnano la modernità di questa poesia, pur cullata da un beccheggio (il verso - un settenario anapestico come fosse una culla il suo spazio leggero) che lambisce ciclopiche mura e l´anima favolosa. L´altra, che pure altra diventa. O immagine negata: ci sarà una veste sinuosa, un´ improvvisa fiammeggiante colata. La ricerca del luogo profondo in un´intangibile interiorità è ciò che accomuna l´io, il tu — dentro di me, solamente quell´ abisso che c´è e in te dov´è che solo io t´ occupo — nel cercarsi impossibile,fino all´insperato contatto che ponga termine al dialogo: D´improvviso nel lievissimo urto delle dita, una botola sola, un abisso lunghissimo che accoglie daccapo quell´antico silenzio: tutto di noi già frana in un unico, cieco sentire. Nella poesia di Sgambati i destini puntuali, sempre votati allo spiazzamento sono collocati fra il chiasso del mondo e il piombo delle palpebre ,sul crinale della visione anch´ essa destinata allo smottamento di una dimensione cosmica del pianeta che trapassa nel paesaggio La terra che non curva finisce dentro il baratro di altissimi crepacci Nella terra che non curva è l´antro fragile dei sogni, l´ immaginario o visionario trave oscillante verso alte soglie e accessi, in quel quid che ci sovrasta, come un lampo ,una fiamma. Tutto sempre s´ iscrive in un progetto arcano — cosÌ anche il ghirigoro ,l´ideogramma, il criptogramma può già significare un´attuazione nel Grande Archivio in quel mistero imperscrutabile che avvolge realtà sensibile e sovrasensibile, che assume a garante e a specchio la Natura. Di fronte alla pochezza di ogni indagine scientifica, si erge il senso assoluto delle maiuscole. Allo scenario di molecole, reazioni innescate, funzioni essenziali, si contrappone la natura individuata ed elementale di un sasso, una sabbia, il mostro abissale. Laddove le ragioni speculative approdano con naturalezza all´immagine limpida. E il ritmo perfeziona in piccoli gorghi la sua spinta. Come in Indagine appare subito chiaro con chi il poeta stringa le sue complicità. Pure credono di potere, ab initio, percorrere il mistero, snidarlo con tortuosi espedienti, pervenire all´esigua particola con la sua forza flebile. Lo scientifico procedere nel senso dell´analitica scomposizione delle particelle suscita l´insorgere e l´inventiva lessicale dell´autore che la Terra vorrebbe tutta intera (Invece, tutta intera com´è, la Terra non finisce e nemmeno comincia) contro quanti "eventuano" a scaturire schegge. Piuttosto luminosi frammenti, le piccolissime e nitide inquadrature nel rapido mutare della prospettiva (il di fronte del cielo, o degli occhi, dei muri), costituiscono uno dei punti di forza del linguaggio di Sgambati - poesia che goccia a goccia scava ed addensa come un´acqua di grotta - sedimentazione e leggerezza, movimento eternante di stalattite e ansia di dissolvimento. Gabriella Galzio |